Covid-19 ha travolto l’editoria

 

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I dati diffusi da AIE non lasciano dubbi: il lockdown ha messo in ginocchio il tutta la filiera del libro. E le vendite dell’e-commerce non sono riuscite a tamponare la perdita di circa 134 milioni di euro.

 

Il mondo del libro esce stravolto dalla crisi Covid-19: spariscono 8 milioni di copie vendute nei primi 4 mesi dell’anno con una perdita di fatturato pari a circa 134 milioni di euro nel solo settore della varia (fiction e non fiction) venduta nei canali trade. Intanto volano gli store online che adesso coprono quasi il 50% del mercato, ma resistono le librerie capaci di fidelizzare la clientela e che hanno risposto alla serrata obbligata con nuovi servizi di consegna a domicilio. È questo, in estrema sintesi, iloktitoli-catacei-ed-ebook quadro che restituisce l’analisi di AIE in collaborazione con Nielsen e IE-Informazioni Editoriali.

«Siamo di fronte a una crisi epocale. La perdita di reddito delle famiglie conseguente alla caduta del Pil, -8% annuo secondo le stime del governo, porterà a una riorganizzazione della spesa di cui vediamo già oggi i segnali e che, se non contrastata attraverso un forte sostegno alla domanda, potrebbe avere un impatto drammatico sul nostro settore con forti ricadute sull’occupazione. – ha spiegato il presidente di AIE Ricardo Franco Levi – Sommando gli effetti del lockdown con la caduta della domanda nella seconda parte dell’anno, temiamo che l’intero mercato del libro (fiction, saggistica, ma anche libri scolastici, universitari e professionali più la vendita dei diritti) possa chiudere il 2020 con un pesantissimo calo di fatturato quantificabile tra i 650 e i 900 milioni rispetto ai 3,2 miliardi complessivi del 2019”.

ricardo-franco-leviRicardo Franco Levi non ha dubbi: da questa crisi non si esce senza una forte presa di consapevolezza da parte di istituzioni e operatori. La partita non è chiusa sia pure nelle difficoltà, le imprese stanno reagendo e un forte sostegno alla domanda, tramite bonus alle famiglie e acquisti delle biblioteche, può ancora avere significativi effetti. Ma bisogna fare presto.

Secondo le stime di Nielsen, il mercato dell’editoria di varia (fiction e non fiction) in librerie, store online e grande distribuzione organizzata (Gdo), dal primo gennaio fino al 3 maggio, registra una perdita netta di 90,3 milioni. Considerando anche le vendite fuori dai canali rilevati dagli istituti di ricerca (cartolibrerie, vendite dirette, fiere, librerie specialistiche e universitarie) la perdita sale a circa 134 milioni di euro. Paralisi nei lanci dei nuovi titoli: dal 16 marzo al 3 maggio, gli editori distribuiti dai maggiori gruppi nazionali hanno congelato il 91,1% delle uscite.

Accanto ai numeri della crisi, la ricerca di AIE fotografa cambiamenti nei modi di acquisto degli italiani che rischiano di non terminare con la fine dell’emergenza. Nelle prime 16 settimane dell’anno, dagli store online sono passate il 47% delle vendite di libri di varia (fiction e non fiction), contro il 26,7% dell’anno precedente.
Stabile la Grande distribuzione organizzata al 7,3%, le librerie calano daloktitoli-distribuiti 66,2% al 45% Dal 9 marzo al 12 aprile, cioè le settimane di chiusura, le librerie hanno perso l’85% delle vendite. Ma questo 85%, come evidenzia l’indagine di Informazioni Editoriali, ha anche degli spiragli di luce: è frutto infatti della media tra chi, chiuso completamente, ha perso il 100% del fatturato e chi – organizzandosi con le consegne a domicilio e grazie anche a una buona presenza sui social e alla fidelizzazione dei clienti -, ha ridotto il suo calo al 71%.

E ci sono anche 17 librerie che sono riuscite ad aumentare il fatturato durante il lockdown.

Il calo delle vendite, suddiviso per generi, mostra la relativa tenuta del settore ragazzi (perde “solo” il 16,2%) e della non fiction specialistica (11,3%), mentre la fiction perde il 22,9% e la non fiction generale il 23,4%.

Che la rete sia sempre più strategica, d’altronde, ce lo dice il fatto che se prima della crisi il 59% dei lettori dichiarava di acquistare sulla base di segnalazioni su blog, siti dedicati o social network, adesso quella percentuale è salita al 64%.

I dati sulle abitudini di consumo e di lettura degli italiani evidenziano dei cambiamenti a lungo termine portati dalla crisi Covid-19. Nel 2019 il 16% dei frequentatori delle librerie a conduzione familiare acquistava solo o prevalentemente presso questi rivenditori: questa percentuale è scesa al 4%. Per ok librerie top sellerquanto riguarda le librerie di catena, la stessa percentuale passa dal 40% al 29%. Al contrario, prima della crisi il 18% di chi acquistava sugli store online lo faceva solo su quel canale: adesso questa percentuale è passata al 42%.

La ricerca non affronta il tema dell’autopubblicazione contrariamente a quanto avviene nel rapporto annuale dove diverse pagine sono dedicate all’analisi della produzione di ebook che passa attraverso queste piattaforme.

Però alla mia domanda sul fenomeno del self-publishing, i responsabili di AIE hanno risposto in modo molto chiaro: «Tendiamo a escludere il fenomeno dell’autopubblicazione per una ragione molto semplice. L’editore è un imprenditore che investe su un autore o su un titolo acquisendo i diritti, sperando che gli fruttino un ritorno economico dalla vendita delle copie del libro in libreria, dalla cessione dei diritti a una casa editrice straniera o a un produttore cinematografico. Di questa vendita una parte va a remunerare l’attività dell’autore e dei diversi anelli della filiera. Questo è in sintesi il modello di business editoriale: compro una materia prima attraverso un contratto di edizione (la creatività dell’autore), accetto un rischio nel pubblicarla, mi aspetto che il pubblico premi le scelte del mio progetto editoriale. Il modello di business delle piattaforme di self-publishing è diverso: offro un servizio – a volta anche eccellente – a chi vuole pubblicare un libro o un e-book. È da questa attività, da questo servizio messo a disposizione dei miei possibili clienti che vogliono pubblicare un loro libro che traggo il mio ritorno economico».
In altre parole la piattaforma di autopubblicazione non fa investimenti e non ha rischio imprenditoriale e quindi può permettersi di riconoscere diritti d’autore più alti all’autore.
MZ

 

 

 

 

 

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