Che si dice dell'ultimo della Vargas?

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FVmorso

 

 

 

Si è fatto un po’ attendere l’ultimo romanzo di Fred Vargas e questo ha generato – come per tutte le cose molto attese – un entusiasmo forse sproporzionato al valore del libro.

Per prima cosa sono rimasta colpita dalle sue dimensioni (471 pagine per l’ebook e 432 per il tradizionale formato cartaceo), ma questa svolta era iniziata già con il precedente “Tempi glaciali” (del 2015); un cambiamento importante per un’autrice francese, che per anni ci aveva abituati a romanzi slim.
La seconda cosa che mi ha colpita è stata la complessità della trama, per certi aspetti tutt’altro che banale, ma che in molte parti riesce difficile definire “plausibile”. Certo a uno scrittore è consentito tutto, anche di narrare di un viaggio “Dalla Terra alla Luna”, come fece il buon Verne nel 1865, ma in questo caso lo si definisce di genere fantascientifico o fantasy, e non “giallo” o poliziesco o polar, come lo chiamano i francesi, un incrocio tra i generi poliziesco e noir.
Leggendo il nuovo romanzo della Vargas (ma anche molti degli altri che compongono la sua nutrita bibliografia) sorge difatti una domanda: in quale genere si possono collocare?


Ma procediamo con Il morso della reclusa…Fred-Vargas

L’incipit, che racconta di un caso che l’autrice usa per presentare tutti i suoi personaggi seriali del “filone di Jean-Baptiste Adamsberg”, è decisamente noioso e superfluo per il lettore. E che nel neofita genera di sicuro confusione. Credo che si sarebbe potuto presentare il saccente comandante Danglard, il servizievole Estalère e la fragile Froissy (solo per citarne alcuni) nel corso della narrazione del giallo vero e proprio, quello che dà il titolo al libro.
Ma quest’ultimo libro dell’archeologa francese ha anche molte altre debolezze che potrebbero deludere chi ama la suspense e il fremito del racconto di questo genere letterario.
A lettura ultimata, ad esempio, qual è il primo aggettivo che mi viene in mente per definire la trama de Il morso della reclusa? “Rocambolesca”.
Non farò un riassunto della vicenda, non è questo lo scopo di questa mia nota, invece scriverò di ciò che mi ha profondamente colpita che è proprio nella sua totale mancanza di quei caratteri che definiscono la letteratura di genere poliziesco o noir. Certo ci sono dei cadaveri, anche parecchi, e il commissario Adamsberg svolge una lunga e difficile indagine, ma la Vargas si perde in tortuosità davvero poco realistiche e tra i sogni del suo principale protagonista, per non parlare delle sue ricerche proustiane che lo portano fino a lontane esperienze infantili. E la rivelazione del mezzo usato dal colpevole per giustiziare le sue vittime? Meglio sorvolare.


Ma questo libro allora non lo consiglio?
“Ni”…
Lo consiglio a chi non cerca un giallo e ha la pazienza di leggere pagine e pagine “inutili” per arrivare a qualche paragrafo indimenticabile. Ad esempio le descrizioni dell’atipico carattere di Jean-Baptiste, lo “spalatore di nuvole”, qui sempre più nebbioso nelle sue vaghezze e perso tra le sue “bolle”. È tra decine di paragrafi dedicate alla storia del ragno detto “la reclusa”, dei quali avremmo fatto onestamente a meno, che assistiamo all’epica battaglia tra lui e l’amico di sempre, Adrien Danglard, È nel finale che troviamo la commozione di vedere all’opera il suo carattere umano, ma… Ma non basta.
Non basta neppure apprendere un pezzo di cupa storia del nostro passato, che ci fa scoprire un’incredibile violenza a cui erano soggette dal Medioevo le donne che avevano rapporti sessuali al di fuori del matrimonio… a salvare questo romanzo.


Per curiosità, a lettura conclusa, sono andata a leggere le opinioni dei lettori francesi che hanno avuto il privilegio di avere il libro dal maggio dello scorso anno e che, rispetto agli estasiati lettori di casa nostra, sanno mantenere alta la loro lucidità critica. Certo anche in terra di Francia vi sono migliaia di estimatori della Vargas, ma quello che colpisce è leggere la delusione dei vecchi Fan della scrittrice.
Qualche opinione:
“Impossibile!”
“Dov’è finita Vargas?”
“Ho un sacco di libri di lei e l’ho comprato senza pensare! (…) È indigesto, è stancante, è illeggibile quindi è noioso! Orribile e informe. Ho indovinato la fine prima della fine.”
“Grande fallimento”
“Noioso, senza interesse”
“Un nuovo Vargas, il piacere annunciato! E infine no, è lontano da questo! È lunga, è lenta, la storia è inverosimile Nulla accade ai personaggi che già conosciamo e non ci piace molto trovare che così tanto sono lontani dalla storia. La noia su 300 pagine!”
“Non capisco l'entusiasmo per questo libro. È lungo, gira in tondo, dialoghi inutili ... Non sono potuta andare oltre il terzo capitolo, ho preferito passare a un altro libro più emozionante”
“Ma quanto sono deluso! Mi sono precipitato su quest’ultimo Vargas, io che avevo amato il precedente ... e patatra! No, noioso, lungo, logorroico, floscio ... Nulla accade in questo libro, i personaggi parlano, parlano e parlano ... La parola "recluso" è lì ogni 2 righe, pfffffff ... I primi due intrighi sono inutili e intempestivi, davvero non capisco! Sono andato fino alla fine perché era Vargas, ma altrimenti mi sarei arreso. Grande delusione quindi, non sono sicuro di comprare il prossimo perché mi sento davvero di aver sprecato 21 € ...”
In questi giorni, ho avuto invece la fortuna di incappare nell’autrice di un romanzo poco mitizzata - Clare Mackintosh – che si intitola So tutto di te. E direi che qui si respira tutt’altra aria…
Ma vi farò sapere presto, in una prossima nota,

Flaminia P. Mancinelli

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