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Self... a "quattro mani"... virtuose

“Fabbricare, fabbricare,
fabbricare preferisco il rumore del mare
che dice fabbricare fare e disfare”
chissà se gli autori di questo breve romanzo avevano in mente i bellissimi versi di Dino Campana quando hanno scelto il titolo per il loro testo “a quattro mani”…

Già, perché la “coincidenza” sarebbe fantastica! 
Ciò che per prima cosa mi ha colpita, difatti, di questo romanzo è stato il titolo, quello struggente Preferisco il rumore del mare

Preferisco il rumore del mare
L’ho cercato, e come mia abitudine ho scuriosato su chi fosse l’autore. Sono abituata così, prima o dopo, io voglio conoscere l’autore di un’opera. E se è uno scrittore del passato, allora giocoforza mi dedico alle sue biografie. Ma se è un contemporaneo... 
Così cercando l’autore, ne ho trovati addirittura due! ed ho scoperto che erano due Self Publisher, almeno per questo romanzo che avevano edito in totale autonomia. 
Non so voi, ma per me la scrittura, quando è tale (quando non è un mero esercizio compilatorio), già è quasi un evento straordinario, quando poi è frutto di una creazione “a quattro mani”, allora oltre a stupirmi, mi incuriosisce, mi stimola, mi fa porre domande. Così le ragioni di interesse per quest'opera erano molteplici. 


Quando ho avuto tra le mani il romanzo non ho potuto fare a meno di iniziarlo subito; la vicenda si svolge tra Roma, Bologna e la riviera romagnola, ed ha per protagonisti una giovane donna e un giovane uomo, entrambi alle prese con quelle che potremmo chiamare le “prove di esistenza” di esseri umani alla soglia della maturità. 
Sappiamo poco, noi generazioni adulte, dei più giovani. Su di loro leggiamo sentenze tombali, che scoraggerebbero anche il più audace a restare indifferente… Ecco, uno dei meriti di questo racconto è quello di offrirci una conoscenza di prima mano di cosa si muove nell’animo, nei pensieri e, soprattutto, delle difficoltà che due ragazzi possono trovarsi ad affrontare in questa difficilissima contemporaneità. Nelle pagine scritte da Giovanna Astori e Andrea Masotti, i due autori, non c’è più Carosello ma non trova spazio neppure Matrix, ed è un mondo per molti versi molto più complesso e altrettanto difficilmente etichettabile. Attraversandolo, grazie all’intreccio del libro, si scoprono le fragilità di queste generazioni di giovani, sia le paure che le sensibilità, quelle alimentate dal vivere in un tempo così  incerto e farraginoso. E si comprende anche che poco o nulla hanno da condividere con i “bamboccioni” tirati in ballo da un ministro davvero piccino picciò! 
Un’unica nota, dalla lettrice incontentabile quale confesso di essere… In un’eventuale riedizione, io penserei a una terza parte (dal titolo molto approssimativo di BeLù o Lube) nella quale l’«incontro» tra i due personaggi avvenisse in un’alternanza di paragrafi davvero a “quattro mani” anche se non necessariamente a “quattr’occhi”… 
Aggiungerò, per i puristi dell’Accademia della Crusca, che i nostri due Indie hanno usato con molta attitudine l’Italiano, e nella prima parte (Bea) anche con un gioco leggero che ci è molto, ma davvero molto piaciuto.
F.P.M.
 

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4 chiacchiere con gli autori

La scrittura è un processo mentale che da quel nostro chilo e poco più di materia molle arriva ad un foglio (di carta o digitale, a seconda dei gusti). Quando, nel corso di questo processo si sviluppa la collaborazione tra due entità diverse, in due scrittori, come nel vostro caso? 
Giovanna:non so se esista un momento preciso in cui questo avviene. Se scrivi un romanzo in due, parti innanzitutto dalla tua metà, con un’idea comune. Nel nostro caso la genesi è stata ancora diversa, perché avevo un mio testo e ho chiesto a lui se voleva dar vita all’altro protagonista, con un filo conduttore che fosse quello del rapporto genitori-figli. Poi da lì ognuno è andato avanti autonomamente, e infine c’è stata la fase empatica, come dice Andrea, in cui si continua a lavorare sui manoscritti facendo in modo che l’incastro funzioni. 
Andrea: una collaborazione letteraria nasce dall’empatia, non sarebbe possibile effettuarla con chi non si conosce, per lavoro. Mi pare che sia una comunicazione di sensazioni, non cerebrale. Nel caso la fantasia, l’elaborato cerebrale, può anche venire in un secondo tempo. Si parte con la leggerezza di sapere che la fantasia e le parole scritte saranno forse apprezzate, come i racconti fatti a un amico.

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Vi è mai capitato di non essere d’accordo con quanto scritto dall’“altro”? 
G: per forza di cose sì, e credo sia un bene che succeda anche questo. Perché vuol dire che si sta davvero lavorando insieme con un obiettivo comune. Deve esserci reciproco rispetto per la libertà e la creatività dell’altro, ma se non si vuole per forza compiacere, se si mira a un obiettivo che soddisfi entrambi, allora nasce inevitabilmente qualche opinione divergente. Io poi sono abbastanza puntigliosa sull’aspetto delle incongruenze dei dettagli, e anche lui lo è su altri aspetti, quindi più volte gli ho sottoposto i miei dubbi e in alcuni casi credo di essere risultata davvero rompiscatole! Ma se ho avuto qualche dubbio, è anche vero che a volte aveva ragione lui. 
A: sì, è capitato anche se in rare occasioni. La posizione scelta è stata quella conciliante e tollerante, non sarebbe possibile altrimenti giungere a un testo comune.

Rifareste un’esperienza di scrittura a “quattro mani”? 
G: perché no! Ho fatto altre esperienze di scrittura collettiva e le ho trovate sempre divertenti e stimolanti. Il fattore essenziale è che ci sia un’idea di base intrigante. 
A: sì, anche se non subito. 

Perché avete deciso di pubblicare questo romanzo come Self Publisher, anziché proporlo a una casa editrice tradizionale?
G: ci abbiamo riflettuto parecchio, valutando opportunità, strade, pro e contro. Alla fine ha prevalso la curiosità di provare questo gioco dell’auto-pubblicazione. Entrambi abbiamo esperienze di pubblicazioni tradizionali, con realtà editoriali medio piccole (non EAP) che ci hanno dato soddisfazione ma anche motivo di riflettere su tanti aspetti. La mia esperienza personale è stata positiva, l’editore con cui ho pubblicato “Storie dentro storie” ha rispettato tutti i termini del contratto e da altre esperienze di cui ho sentito in giro, non è poco. È vero che a quelle condizioni, e senza nessuna sorpresa, la parte della promozione è quasi completamente demandata all’autore, la distribuzione per forza di cose non sempre funziona, il prezzo stesso del volume a volte sembra esagerato, insomma, vari fattori che mi hanno fatto pensare che, da questo punto di vista, forse nel caso specifico un editore tradizionale non avrebbe apportato un valore aggiunto decisivo. Il vero filtro che può esercitare un editore, a mio avviso, è sulla qualità (e qui si potrebbe aprire un lungo discorso, ma non è il mio intento). Per il nostro romanzo in comune abbiamo scelto di lavorare con attenzione sull’editing, lo abbiamo sottoposto anche al parere critico di un gruppo di lettori sconosciuti, quindi non di parte, che ci hanno fatto riflettere su alcuni aspetti, e su quelli abbiamo lavorato ancora. Insomma, non avremo la professionalità che dovrebbe contraddistinguere una casa editrice, però abbiamo cercato di offrire un lavoro curato, anche nel rispetto del lettore. È un romanzo artigianale, come mi piace definirlo.
A: tutte e due le strade sono in salita. Per l’edizione tradizionale l’impegno riguarda i costi, i tempi imprevedibili, la possibile mancata utilizzazione di un romanzo non commerciale come questo. Il self è carente di immagine, di promozione e diffusione e rischia di finire nel mare dei libri che nessuno nota. Nel nostro caso l’aspetto della semplificazione è stato prevalente.

Avete eseguito in modo autonomo tutti i diversi passaggi (editing, impaginazione, cover, ecc.) del Self Publishing oself3 vi siete fatti aiutare da professionisti?
G: la fase tecnica di preparazione dell’ebook è una recente scoperta con cui mi sono divertita parecchio quest’estate, quando ho ripubblicato in edizione digitale “Storie dentro storie”. Ho avuto un’insegnante paziente (anche lei praticamente autodidatta) che mi ha reso autonoma da questo punto di vista. Fare un ebook semplice (senza figure o multimediali) non è poi così difficile, dopo i primi tentativi in cui sudi sette camicie. Per la cover abbiamo fatto una prova utilizzando una foto di San Benedetto del Tronto, che ci sembrava evocativa e richiamava il contenuto del libro, ci è piaciuta, per cui poi l’abbiamo tenuta. Ma non avevamo escluso eventualmente di affidarci a un grafico. Credo che questi dettagli siano molto importanti, a maggior ragione per le pubblicazioni self. La fase della pubblicazione vera e propria (il caricamento sulla piattaforma) è estremamente semplice. Riguardo la scelta di stampare una piccola quantità di copie, confesso che sono sempre stata ‘tiepida’ al riguardo, perché mi piace proprio l’idea dinamica e libera dell’ebook. Andrea ha deciso comunque di procedere, ovviamente di comune accordo, e si è affidato a un servizio di edizione e stampa. Forse non ha tutti i torti, il cartaceo non è affatto morto, e comunque qualche copia è bene averla.
A: l’editing è stato reciproco e ha modificato decisamente il testo. Per quanto riguarda l’ebook Giovanna ha le capacità per arrivare al prodotto finito. Più tardi uscirà anche il libro stampato e in questo caso si è resa necessaria una casa editrice che ha impostato l’impaginazione finale.

Leggete molto? Quanto la lettura è presente nella vostra vita?
G: Sì, leggo molto, un libro dopo l’altro. Quando non riesco a trovare una lettura consona al momento, e per questo migro insoddisfatta da un inizio di libro all’altro o trascorro qualche giorno senza leggere, provo un senso di disagio. È come se saltassi la colazione, qualcosa non va. È anche vero che, se non trovo il libro che mi prende in un dato momento, anche se con questo senso di fastidio, aspetto. Arriverà. E infatti arriva sempre. Cerco di dare spazio anche ad autori esordienti oppure meno conosciuti, per avere una visione più completa del panorama in cui confluisce ciò che scrivo. A volte si fanno delle belle scoperte, e quando succede è quasi un dovere regalare un po’ di pubblicità agli autori e ai testi. Per citare almeno un paio di autrici giovani che mi hanno entusiasmato per motivi diversi, direi l’intensa e passionale Luisa Ruggio e la fresca e scoppiettante Letizia Pezzali.
A: Ho sempre letto molto, compatibilmente con il tempo libero a disposizione. Un po’ di tutto, saggi, narrativa, poesia, giornali e un tempo fumetti, anche teatro. Preferisco la narrativa straniera.

Quali autori avete amato?
G: Questa non è una domanda facile, la risposta sarebbe un lungo elenco o fare un torto a qualche autore. I libri sono materia viva, che prende vita nell’atto del leggere. Un autore che oggi amo, domani potrebbe non essere più così significativo per me. Se uno scrittore riesce a continuare a farsi amare nel tempo, vuol dire che ha messo davvero un seme fecondo con le sue parole. Come si fa, per dire, a scegliere fra i classici? Già se inizio con Pirandello, Verga, Dostoevskij, Shakespeare, Proust, sento che l’elenco potrebbe continuare per pagine. Nelle molte e differenti letture ho incontrato autrici come Antonia Pozzi o Sibilla Aleramo, con cui sento quell’affinità ed empatia di cui dicevo, o narratori come David Foster Wallace, controversi e geniali. Fra i contemporanei potrei dire Pamuk, Grossman, ma poi come fai a non amare un ormai classico come Calvino, come puoi lasciare fuori dall’elenco Pessoa? Insomma, davvero difficile rispondere. L’importante è continuare a leggere!
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A
: Nell’infanzia adoravo la poesia, Pascoli, Lorca, Quasimodo… alcuni testi li imparai a memoria. Poi nell’adolescenza sono passato alla fantascienza e più tardi mi hanno colpito alcuni grandi autori: Dante, Camus, Borges, Pavese, Hesse. Da adulto i miei preferiti sono Tolstoj, Mishima, Steinbeck, John Fante.

Quanto reputate sia importante, per un Self Publisher o comunque per un autore esordiente, l’organizzazione di azioni pubblicitarie e di marketing?
G: ritengo che sia importante, essendo un’impresa autogestita. La mia predisposizione all’autopromozione è abbastanza altalenante, non è facile capire come agire per non oltrepassare il limite e diventare invadente, ipotesi che detesto per carattere. Comunque non sono aggressiva, tendenzialmente procedo senza ansie. Non ho risposte chiare su questo aspetto, ho sperimentato che a volte anche il fattore casuale può essere determinante, così come è fondamentale incontrare il consenso dei lettori, che poi fanno da passaparola o decidono di regalare il tuo libro ad altri.
A: Molto ma non sono particolarmente abile in questo campo. Sono abbastanza riservato e non sono disponibile allo “scambio” di elogi.

C’è una domanda, che non vi ho fatto, alla quale vi sarebbe piaciuto rispondere?
G: Ah sicuramente, più d’una! Scrivere, leggere, i lettori, gli autori, sono temi così interessanti che si potrebbe andare avanti all’infinito! Una domanda specifica comunque c’è: se ho una preferenza per il libro tradizionale o per il digitale. La risposta è che ho scoperto il digitale in tempi abbastanza recenti, avevo un lettore da anni ma praticamente non lo utilizzavo mai. La scoperta del digitale per me ha innescato un processo irreversibile, ne sono entusiasta per la comodità di potermi portare dietro una biblioteca con pochi grammi di peso, di poter acquistare immediatamente un testo stando comodamente seduta davanti a un pc o dovunque ci sia una connessione, con pochi click e spesso pochi euro, iniziare subito a leggere avidamente quello che ho scelto, senza aspettare di poter andare in giro a fare acquisti, cosa che per una mamma lavoratrice non è sempre semplice. Per chi legge tanto, indubbiamente il digitale è una grande conquista. So che qualcuno non sarà d’accordo, che il feticcio-libro non è tramontato, del resto mia nonna lavava le lenzuola nella vasca da bagno, ma per me più d’ogni altra cosa è importante poter assaporare le parole che qualcun altro ha scritto anche per me, e a volte non ho nessuna voglia di aspettare.
A: Chiederei se la maggior parte di lettori si appassiona ai libri migliori e li valorizza, se ancor prima iniziando si rende conto che un testo è di qualità. Personalmente ritengo di sì, almeno per quanto riguarda chi ha l’hobby della lettura.
 

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Come nasce un "a quattro mani"
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Andrea
: c
redo che alla base di una collaborazione ci sia necessariamente l’aspettativa. Quella di ritrovare nell’altro l’ideale autore che prosegue e completa una vicenda, non sminuisce la qualità del testo, fornisce anzi al primo lo stimolo di idee e strumenti nuovi. Non solo allora una possibile vicinanza di temi e stile narrativo, e qui la varietà di studi ed esperienze penso sia un carattere comune, ma anche la distanza per quanto riguarda l’età, l’orientamento culturale, la stessa città di residenza. 
Giovanna nella scrittura rappresentava per me la possibilità di uniformare i temi della ricerca linguistica, di allargare la commistione di generi, di spaziare nelle tematiche sociali. Dall’altra parte le riconosco alcune doti che non ho: l’approccio positivo e la freschezza comunicativa in particolare.

0Giovanna
Giovanna
: io e Andrea ci ‘conosciamo’ da anni ma ci siamo incontrati solo per una manciata di ore, quando scrivevamo sul forum
Undiciparole, anche perché non viviamo nella stessa città. La scrittura ‘a quattro mani’ però va al di là dell’amicizia o della frequentazione. È un modo interessante di creare: ognuno scrive la sua parte, poi ci si scambiano a vicenda impressioni e anche vere e proprie critiche (credo che Andrea mi abbia detestato in più di un’occasione, anche se in verità, in modo differente, siamo entrambi puntigliosi). A quel punto, ciascuno decide se accogliere o meno il punto di vista dell’altro, e in questo rimane un totale vicendevole rispetto e libero arbitrio. Altrimenti la scrittura finirebbe di essere un processo individuale. Il momento più terrificante è quello dell’editing finale, soprattutto per due autori come noi, allo stesso tempo attenti e disordinati. Dopo l’ennesima revisione, scoprire che, forse, non hai lavorato sull’ultima versione, non è sempre divertente! Ironia a parte, è un’esperienza molto utile anche per mettersi in discussione, e speriamo che il risultato finale sia degno delle lacrime e sangue versate (qui ci vorrebbe un’emoticon, sorrido).
Su Facebook li trovate a questa →pagina 

Autobiografie 

Giovanna AstoriÈ possibile amare una città come fosse una seconda pelle e allo stesso tempo provare attrazione per tutto il resto del mondo? A me è successo, forse perché ho avuto la fortuna di nascere a Roma da una famiglia le cui radici e propaggini si estendono nei quattro punti cardinali. Dopotutto, come negare che l’amore sia un sentimento inclusivo ed esclusivo allo stesso tempo? E così è per tutti gli aspetti della mia vita: sono nata curiosa, guardo, seguo, imparo, poi cerco altrove, magari ritorno. L’ho sempre fatto, e ogni volta la mia vita ha brillato di luce nuova. In famiglia ho respirato l’amore per la scienza e per la cultura, per l’arte e per la storia, per la musica, e questo paniere variopinto è l’emblema delle mie scelte, che mi hanno portato a studiare e lavorare nel campo della ricerca statistica, un lavoro che amo e in cui credo. Giovanna Astori

Ma come diceva una celebre canzonetta della mia infanzia, “il mio cuore è un vagabondo e di regole non ne ha” sicché, fin dalle scuole elementari, non ho provato attrazione solo per i numeri e le formule, ma sono stata profondamente affascinata dalla lingua italiana, dalle parole, dalle storie. Per questo ho sempre scritto, per molti anni in maniera frammentaria, alternando fantasia e introspezione, prosa e poesia, ma sempre per me stessa, per un gioco solitario. 
Solo sette o otto anni fa, durante un lungo periodo trascorso a casa dal lavoro, ho recuperato e trascritto le varie carte sparse nelle mille scatole in cui conservo un po’ di tutto  (anche se molte delle creazioni dell’infanzia sono andate perdute, ahimé), e ho iniziato a scrivere in maniera più sistematica poesie e racconti, a inviarle a selezioni e concorsi e vederli pubblicati. L’esperienza che ha più consolidato e incoraggiato la passione per la scrittura è stata quella col forum Undiciparole, di cui ho fatto parte fin dagli albori. Era un gruppo nato spontaneamente dall’incontro di autori ospitati dalle stesse raccolte antologiche,  inventavamo giochi con la scrittura, e soprattutto ci facevamo un editing spietato ma onesto sui testi che volevamo mandare in giro. Un’ottima occasione di confronto, non sempre facile da realizzare perché lo scontro fra ego, anche con il proprio, è inevitabile. È stato un momento importante, in cui si sono creati legami sopravvissuti al forum stesso, che non esiste più, come tutte le cose belle che non durano in eterno. Imparare a leggere e farsi leggere con spirito critico non è facile né scontato, ma è un allenamento essenziale per la scrittura. Frequentando Undiciparole incontrai fra gli altri Andrea, e avevamo iniziato ad abbozzare una scrittura a quattro mani, poco prima che il forum chiudesse. In quello stesso periodo iniziai a scrivere il mio primo romanzo “Storie dentro storie”, che ho pubblicato con L’Erudita (un marchio della Giulio Perrone Editore) nel 2012 e di recente in edizione “Self” digitale. Dopo l’uscita del romanzo avevo già in mente una nuova storia da scrivere, i personaggi mi parlano nella testa, che ci posso fare, ma questa forse era ancora troppo acerba, per cui pur lasciandola crescere e decantare, mi sono dedicata ad altre scritture, racconti più che altro, lasciandomi coinvolgere anche in progetti collettivi. Un giorno mi sono trovata con questa mezza mela in mano e ho pensato che potesse essere l’occasione per scrivere con Andrea, gli ho proposto di completare il percorso insieme e così è nato “Preferisco il rumore del mare”. 
Oggi guardo i miei bambini e mi emoziono quando vedo in loro la stessa voglia di inventare storie, di giocare con le parole. 
La scrittura è un divertimento, un atto creativo magnifico, ma anche un’impresa seria, e la pubblicazione un modo per risuonare in altre sensibilità. Il lettore per me è sacro perché lo considero una controparte cui consegnare le mie parole e vedere se e come germogliano, proprio come si fa con i figli. 
Mentre continuo a lavorare coi miei amati numeri, a prendermi cura della famiglia e a curiosare in giro, credo sia arrivato il tempo di scrivere anche la mia terza storia. 

Andrea Masotti - Ho iniziato a scrivere prestissimo. Per tenermi compagnia, inventare storie divertenti come quelle che leggevo sui fumetti o appassionanti e oniriche come le fiabe. Ero confinato in un ultimo piano di città, spesso in solitudine. Unica compagnia i libri e il volo della fantasia. Poi le condizioni sono cambiate, ma il legame con le parole e le storie è rimasto. 
Andrea Masotti
Quello che  era un piccolo segreto della mia infanzia pian piano ha acquisito spazio ed è diventato hobby, con la pubblicazione dei primi racconti o la partecipazione a qualche concorso.  
La mia vita è stata solo apparentemente lineare, studi, lavoro, famiglia. In realtà è stato un percorso costellato di esperienze diversificate. Questo credo che sia un fattore importante nella mia scrittura e nei miei temi. Mi piacciono e mi vengono spontanei un contenuto e anche una forma ibridi: poesia e prosa, storico e giallo, drammatico e umoristico, fantasy o surreale e realistico. Ma anche lettere e scienza, perché da questa l’umanità odierna non può prescindere. Rispecchia le mia formazione e le mie esperienze. 
La mia prima pubblicazione è avvenuta presto: un racconto gotico a 19 anni su rivista specializzata. Una piccola conferma che, come altre successive, mi ha spronato a continuare e a condividere i testi. Ho ripreso l’idea di pubblicare da una decina di anni, dopo che un mio racconto è stato selezionato a Racconti nella Rete e successivamente edito da Nottetempo. Il primo romanzo è un giallo storico ambientato nella Russia contemporanea: Intrigo sulla Moskova. In seguito ho iniziato la partecipazione al Forum Undiciparole dove ho conosciuto Giovanna e altri autori. 
Da allora sono stati pubblicati diversi testi da Perrone ma anche poesie da CFR. Proprio adesso è in dirittura di arrivo anche un racconto giallo ambientato nella mia città e un secondo romanzo attualmente trattato da un’agenzia. 
Il Blog di Andrea è → qui

 

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