Una Self Publisher "gravida di storie"

Pubblicato in Interviste

Ho "incontrato" Cetta De Luca due o tre anni fa su un gruppo in Facebook.
Ho letto un suo romanzo breve e poi ci siamo perse di vista, come spesso accade sulla Rete.
Qualche mese fa ho letto un suo nuovo testo, ed ho percepito che l’autrice era cresciuta.

Ho sempre creduto che lo scrivere sia una particolare forma di artigianato e che la leggenda dell’ispirazione (quella secondo la quale il poeta riceve una specie di illuminazione dall’alto e improvvisamente crea un’opera d’arte) sia una mistificazione, un modo romantico di raccontare un’attività che, invece, è sì ispirazione creatrice ma anche studio, dedizione, lunga applicazione.
Per me è sempre stata chiarissima l’immagine di Vittorio Alfieri che si faceva legare con corde ben annodate per leggere e scrivere… 

Ecco, osservando il lavoro svolto in questi anni da Cetta De Luca posso senz’altro definirlo, in base ai risultati verificati, serio e impegnato. La sua scrittura è corretta (sia grammaticalmente che sintatticamente) e per noi tutti che leggiamo autori Self è già un primo risultato confortante.
E poi le storie di Cetta… Lei stessa, nella sua autobiografia, ci racconta come nascono, da quale realtà e con quanta semplicità. Sono storie di donne scritte per donne ma non solo; anzi, se sguardi maschili si avvicinassero con amore e curiosità a questi testi, forse, dopo ne avrebbero guadagnato in capacità empatica e in sensibilità per l’universo femminile.
Gli intrecci sono variegati e non rientrano in un genere particolare. Si può parlare di narrativa contemporanea, una narrativa però nella quale la passione dell’autrice per i grandi scrittori sudamericani ha lasciato un traccia. Una bellissima traccia.
Ma davvero è difficile categorizzare i contenuti della De Luca perché potreste trovarvi di fronte al diario di una donna morta… Come, invece, di fronte alle reazioni di una abbandonata. Ambientazioni romane, ma anche meridionali, del suo profondo e amatissimo Sud. Una casa di tutte donne o anche un luogo onirico. Non voglio anticiparvi una scoperta che dev’essere vostra, di un’autrice Self Publisher, ma non solo, senz’altro di qualità…
… e con una piccola appendice in un argomento che nel nostro Paese annovera tanti cultori, mi riferisco alla buona cucina, tema che in modo utile e spiritoso ha messo al centro del suo ultimo lavoro: Il profumo dell’Italia in valigia; un ‘Diario-ricettario’ che vi invito a sfogliare, leggere e sperimentare nelle vostre cucine.
F.P.M. 

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4 chiacchiere con l’autrice

Quando hai deciso di far uscire i tuoi manoscritti dal cassetto e perché?          

In realtà io non ho mai avuto manoscritti nel cassetto, nel senso che fino alla pubblicazione del mio primo romanzo, o meglio, fino al momento in cui l'ho scritto, mi sono dedicata alla poesia e, tutt'al più, alla redazione di piccoli racconti, riflessioni, diari cetta deluca
che avevano l'unica funzione di mettere nero su bianco i miei sfoghi, per poterli rileggere con il necessario distacco e trovare quindi le risposte che cercavo. Certo, scrivere un romanzo era il mio sogno fin da bambina, ma mi spaventava la sola idea di cominciare. Un romanzo è lungo, richiede pazienza, e io proprio non avevo idea di cosa fosse un incipit, un climax. Insomma, vivevo costantemente la sindrome da foglio bianco per cui i miei scritti si riducevano alla stregua di appunti su Post-it. Poi è successo. Le storie che comunque popolavano la mia mente si sono radunate tutte insieme, nello stesso luogo e nello stesso momento, ed è stato come spalancare una porta e accendere la luce. Ho scritto il primo libro e l'ho proposto per la pubblicazione, e mi è sembrato del tutto naturale farlo: se quella storia non voleva essere divulgata sarebbe rimasta nel mio buio interiore, no? Perché altrimenti aveva deciso di saltar fuori? Tutto questo avveniva nel 2011, un po' tardi rispetto a tanti giovani autori, ma forse è stato un bene, si vede che avevo bisogno di maturare.   
       

Tu leggi? Da bambina leggevi?       

Io leggo moltissimo. Ho cominciato a leggere a quattro anni e ho imparato da sola seguendo in TV le lezioni del maestro Manzi,  perché mi ammalavo spesso e restavo a casa dall'asilo. Ho cominciato con un'intera enciclopedia illustrata, Vita Meravigliosa, durante la mia quarantena per il morbillo, e non mi sono più fermata. Ho avuto i miei periodi letterari, cominciando con Salgari e Verne per approdare poi alla fantascienza di Asimov e tutti gli Urania (ho ancora la collezione), passando dai gialli e poi i noir. Ho letto anche molto fantasy DOC, ma è stato un amore breve, finito quando hanno cominciato a imperversare i vampiri. Ciò che non ho mai abbandonato nella mia carriera di lettrice è la letteratura e la narrativa non di genere. Amo Calvino e Pavese, ho una passione incontrollata per la letteratura sudamericana, mi rilasso coi racconti di Carver e poi esploro la narrativa contemporanea, sia italiana che straniera. La Egan, Mo Yen o la Ferrante, la Atwood, ma anche Pallavicini e Ragagnin mi danno modo di "ascoltare" nuovi linguaggi. Sono una cosiddetta "lettrice forte" e faccio parte di un gruppo di beta reader, "SPECTRE", col quale leggo per lo più inediti, e di un salotto letterario nel quale discutiamo invece dei libri pubblicati che leggiamo.            


Carta o e-book? Per te è importante il marchio di un editore sui tuoi libri?    

Ultimamente leggo molto in digitale, anche perché lo faccio per lavoro e non ho davvero più spazio per i libri di carta. Ma il cartaceo conserva, per me, un suo perché. Il mio ultimo romanzo breve è uscito solo in digitale, per esempio, e non credo avrà mai una versione di carta, a meno che non decida di farne una speciale, con contenuti adatti alla brossura. Io non credo che il supporto sul quale si pubblica sia importante: necessaria invece è la qualità del testo. Il diverso supporto può essere uno strumento da adattare a seconda delle circostanze e del target di riferimento. Faccio un esempio: se voglio far giungere al lettore la storia e anche i contenuti multimediali ad essa collegati, non so, la colonna sonora, ho bisogno di un e-book. Se voglio inserire delle tavole, dei disegni particolari, allora farò un'edizione speciale di carta. E qui veniamo al discorso "marchio dell'editore". La pubblicazione è un atto meramente formale. Significa che qualcosa, da quel momento, è di dominio pubblico. Esaurito l'atto creativo si passa al progetto editoriale, che comprende azioni commerciali mirate affinché il progetto diventi prodotto e sia vendibile e venduto. Per questa operazione specifica io mi affido a chi, in quel momento e per quel progetto, ritengo opportuno, che sia il Self o un editore. Opero una scelta, per questo mi considero un'autrice Indie.  
  

Pubblicare e-book validi non è semplice. Lo fai da sola o ti affidi a un software?       

Dipende. Se l'e-book è complesso mi affido a dei professionisti. Molti invece li faccio da sola, ci sono tanti programmi semplici in circolazione. Per le copertine invece chiedo sempre collaborazioni esterne. Ho provato una sola volta a farne una, ma il risultato è stato disastroso. A ognuno il proprio mestiere...

 

Sul tuo Blog c’è anche una ‘Guida gratuita al Booktrailer’ ce ne vuoi parlare?      
   
Anche il Booktrailer è uno strumento, in questo caso utile alla promozione. Come per i film in pratica! Mi è capitato di vedere in giro di tutto, sopratutto tra i Self e, devo dire, spesso la qualità dei trailer è davvero indecente. Ho pensato che si stesse sprecando un'opportunità, nel senso che questo eccesso di democrazia nella rete, per cui tutti si ritengono in grado di fare tutto purché ci sia un software adatto, ha generato un circuito anti professionale pazzesco. Vero è che un Booktrailer professionale costa. Allora mi sono chiesta se fosse possibile reperire nella rete risorse professionali di auto-aiuto. Così è stato, e l'ho raccontato nella mia guida.
 


Quanto reputi sia importante, per un Self Publisher o comunque per un autore esordiente, l’organizzazione di azioni pubblicitarie e di marketing?          

Più che importanti ritengo siano necessarie, come per tutto ciò che, in questo momento, ha bisogno di essere reso noto e commercializzato. Purtroppo, non avendo il supporto dell'editoria tradizionale (quindi dell'imprenditore), il Self Publisher deve ‘inventarsi’ anche questo mestiere, e senza avere, spesso, una preparazione adeguata. Ecco allora il fiorire del fenomeno dello spamming, che ricorda un po' le grida del banditore di una volta e che, proprio come quello, ha effetto (quando ce l'ha) solo sul lettore più vicino e che ha voglia di ascoltare. Certo sarebbe importante curare invece la propria identità di autore, farsi ri-conoscere in quanto tale, mentre invece i Self si focalizzano quasi esclusivamente sul libro che hanno pubblicato, operando così quella sorta di forzatura mediatica tipica degli spot pubblicitari ma senza averne la capacità persuasiva. E i lettori si disamorano. Anche la promozione necessita di strategie, e io auspico una maggior consapevolezza da parte degli autori, Self o non Self, e una maggiore professionalità.      
 


In Italia i lettori sono pochi, e di questi molti sono diffidenti sia nei confronti di nuovi autori sia di Self Publisher, perché?   

In gran parte per quanto ho detto prima: l'eccesso di offerta genera un eccesso di promozione allo scopo di emergere ma, se tutti urlano nessuno viene ascoltato. Ecco che allora gli esordienti o emergenti di talento vengono accomunati al marasma generale e non sono neppure presi in considerazione. Poi, diciamoci la verità, c'è talmente tanta ‘robaccia’ pubblicata e auto-pubblicata in giro che i lettori hanno il terrore di spendere tempo e denaro in letture che spesso non valgono neppure la carta (o i byte) utilizzata per produrle. Spero che gli autori (o presunti tali) ricordino di essere in primis lettori, e quanto un bel libro sia gratificante. Un bel libro non è solo una bella storia (e il giudizio di chi la scrive è irrilevante se non è obbiettivo). Un bel libro è anche scritto bene, in italiano corretto, ben impaginato. Invece capita di acquistarne uno, magari Self, e di trovare un prodotto da lasciare già dopo le prime 20 righe. Troppi lettori hanno abbandonato la lettura per la scrittura perché scrivere è ormai una moda, senza soffermarsi neppure per un istante sul sacrificio necessario, sullo studio, sull'allenamento, sulla cura nella revisione. Pensano: «Che bel romanzo! Ma, se l'ha scritto lui vuoi che non ci riesca anche io?». A me capita spessissimo di ‘bruciare’ cose che ho scritto perché non le ritengo valide. Ecco, se ci fosse un po' più di umiltà sicuramente perderemmo qualche cosiddetto scrittore, ma probabilmente acquisteremmo credibilità e qualche lettore in più.     

 

Stai preparando nuove pubblicazioni? 
    
È appena uscito un mio diario-ricettario, un progetto editoriale diverso dalla narrativa ma non discosto. Nel frattempo ho terminato un nuovo romanzo che ha incontrato il favore di un editore (tradizionale e assolutamente non EAP; ndr: editoria a pagamento) e che quindi presto sarà in circolazione.
 

           
C’è una domanda, che non ti ho fatto, alla quale ti sarebbe piaciuto rispondere?  
   
Credo di aver detto molto, forse anche troppo. Probabilmente la risposta che darei a una ipotetica ulteriore domanda è questa: «Continuerò a scrivere finché mi appassionerà farlo e la fantasia mi assisterà. Pubblicare è solo un optional.»

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Autobiografia di Cetta De Luca

Da ragazzina, quando leggevo le biografie degli autori sui libri, pensavo sempre: «Un giorno ne leggerò una mia». Ecco, forse la realtà è che ho cominciato a scrivere proprio per poter leggere la mia biografia da qualche parte. Qualcuno più malizioso afferma che sono stata stimolata a dedicarmi alla scrittura perché almeno avrei parlato di meno: si sa, l’esercizio dello scrivere necessita di silenzio. Ma la verità è che non c’è una verità assoluta: a un certo punto ho scoperto che un foglio bianco poteva essere riempito di storie, quelle mie che altrimenti avrei dimenticato, col tempo e l’avanzare dell’età, e allora l’ho fatto. Ho smesso di comporre poesie e racconti brevi (non è vero, ma un po’ è così), e ho trasferito su carta tutto ciò che la mia fantasia elaborava nella mente.

nata-in-una-casa-di-donne
Il primo nato (nel senso letterario del termine) è stato ‘Colui che ritorna’ (2011). La leggenda dice che l’ho scritto in 21 notti e 21 giorni, in pratica senza mai dormire, e vi stupirò: non è una leggenda. Il lavoro ‘di fino’ è venuto dopo, e ancora ogni tanto ci metto le mani, nuove revisioni, correzioni, perché io sono eternamente insoddisfatta. Quel romanzo ha subito vinto un premio letterario, per cui ho pensato di scriverne un altro, ‘Nata in una casa di donne’. Anche questo secondo romanzo ha partecipato a un premio letterario, e si è piazzato al secondo posto. In seguito sono nati ‘Cetteide’ (odissea di una figlia cinquantenne in vacanza con la madre), ‘Appunti’ (dove ho raccolto alcune delle mie poesie), ‘TanguEros’ (esperimento di narrativa erotica fatto assieme a Marco Reale) e ‘Quella volta che sono morta’, ultimo in ordine cronologico che non è proprio un romanzo, ma un racconto lungo nato per essere un monologo teatrale ma che una casa editrice ha deciso di pubblicare. Da pochissimo è stato pubblicato ‘Il profumo dell’Italia in valigia’ il mio diario-ricettario per cervelli in fuga (e le loro madri), a dimostrazione del fatto che la creatività si può esprimere con diverse forme d’arte.
 

 

 

Nel tempo libero mi dedico al mio lavoro di editor per una collana di testi enciclopedici e di supporto scolastico e di narrativa come free lance. Ho una passione smodata per i viaggi, la musica anni 70, la storia medievale e la lettura. E per la buona cucina.

 

Se volete cercare incontrare o investigare su Cetta De Luca potete iniziare →dal suo Blog

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