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GEORGES SIMENON

GEORGES SIMENON, il più grande autore di serial di ogni tempo

75 romanzi e diversi racconti “gialli” per dare vita e memoria all’ineguagliabile commissario Jules Maigret

 

Jules Maigret nacque dalla penna di Georges Simenon nel 1929. Prima in un racconto per una rivista, Détective, e poi come protagonista di un romanzo poliziesco, Pietr il lettone. A questo incipit si lega il mito che vuole la nascita del commissario più celebre del mondo occidentale su una chiatta ormeggiata in un canale nei pressi del paesino olandese di Delfzijl, ma anche la prolificità con la quale erano scritte queste inchieste. Alla fine i romanzi sono stati settantacinque corredati da numerosi racconti.

E quest’estate, nell’afa inusuale che l’ha contraddistinta, io ho iniziato – dopo aver letto il monumentale Memorie intime (ed. Adelphi) – quasi per sbaglio a leggere questo serial "giallo". Ho impiegato quasi tre mesi, ma senza alcuno sforzo né senso di noia. Anzi… Seppure alcuni hanno una trama un po’ tirata via, se alle volte manca la caccia al colpevole, manifesto da subito, non scema per il lettore il piacere. Per lo più ambientate in Francia e nella sua capitale, le storie - che sono state tradotte in quasi tutto il mondo - hanno il pregio di essere un ampio e variegato affresco di donne e uomini che per carattere, psicologia e condizione sociale rappresentano la quasi totalità delle possibilità nelle quali possiamo esprimerci noi esseri umani.

Tempo fa, non ricordo più dove, ho letto l’opinione di un critico che definiva questa serie come "un giallo per la borghesia". Che cantonata!

Non solo Maigret, figlio di un amministratore di provincia, è nato in campagna e dopo la morte della madre, l’adolescenza presso uno zio panettiere, pur MaigretAokessendo riuscito a iscriversi a medicina è costretto dalla morte del padre a rinunciare per diventare "questurino". Ma il poliziotto, creato dall’autore belga, in tutti i suoi rapporti con indagati, indiziati o semplici testimoni si comporterà piuttosto come il paladino degli ultimi che non come il cavaliere di una particolare classe sociale. E questo fino al limite (riscoperto solo di recente da autori contemporanei) di mandare libero un colpevole “giustificabile”…

Il commissario oltre a non emettere mai giudizi, si guarda bene dal fermarsi alle apparenze o alle condizioni economiche di qualcuno, e se qualche volta lo vediamo in difficoltà è quando un caso lo costringe a confrontarsi con personaggi "ricchi e/o potenti", rispetto ai quali si sente goffo e fuori posto, timoroso persino di accendere la sua famosa pipa.

Leggere oggi i libri di Georges Simenon - vista oramai la diffusione dei Thriller basati sulla tecnologia e affini - può portarci a valutarli di poco valore, ingenui, e a lasciarli sullo scaffale. Sarebbe un errore. Seguire Jules Maigret nei suoi andirivieni (che lo portano persino in America e in Inghilterra) ci apre alla conoscenza di un mondo fin troppo spesso trascurato dai libri di storia. Un mondo di umanità  del tutto scomparso – con usi e costumi abbandonati – e, quel che è peggio, ormai dimenticato. Le vicende si dipanano in circa quarant’anni, ma distano da noi molte volte un secolo o più, perché Simenon non disdegna di utilizzare, per i ricordi del commissario, quelli della sua giovinezza in Belgio (dove era nato nel 1903).

Così abbiamo agio di scoprire come vivevano, ad esempio, i battellieri che - come oggi gli autisti di T.I.R. - attraversavano in su e in giù la nazione transalpina, navigando Senna e Loira ma non solo, a bordo di chiatte con le quali veniva trasportata ogni sorta di mercanzia, ma dove vivevano anche con mogli e figli. Studiavano quei bambini? Qualcuno s’interrogava sulle loro condizioni igieniche e psicologiche? Ma domande analoghe si possono fare su tutta quella società - traghettatori o guardiani di chiuse, proprietari di luoghi dove rifocillarsi, comprare vivande e carburante - che ruotava intorno al mondo della navigazione fluviale. Al lettore non possono che restare impresse le situazioni descritte, dove ha seguito la marcia di cavalli che, avanti giorno, trainano lungo le alzaie la maggior parte di quelle chiatte non ancora a motore, cavalli spronati al passo in mezzo a fango e nebbie, nebbie tra le quali emergono alberi scheletrici mentre scende una pioggia sottile che potrebbe non finire mai e che si insinua gelida nelle ossa. L’immagine delle chiatte, che torna spesso nelle trame, era comunque molto cara a Simenon (che ne aveva anche posseduta una), che ne fece un leigh motiv per il suo commissario che, dalla finestra del suo ufficio al Quai des Orfèvres si rasserenava seguendone la scia sulla Senna argentata.

Osservando il passo lento e misurato di Maigret impariamo ad apprezzare la qualità del trinciato scuro che sceglie per le sue pipe e di come dev’essere la schiuma della birra, che è tra tutte la sua bevanda preferita, ed è un po’ come se lui ci consentisse di accompagnarlo, di seguirlo nel suo attentoMaigretBok traversare i quartieri, salire scale - di palazzi signorili come di stamberghe - percependo gli odori di cucina, di avanzi di esistenze…oggi perdute.

La vita del suo anti-eroe che scantona i complimenti e l’essere additato tra le vie della capitale, che in fondo ha due sole passioni, le sue pipe e la birra alla spina… senza però dimenticare sua moglie Louise che, con il trascorrere degli anni, è sempre più presente nelle trame. E anche lei è un personaggio che ci permette di conoscere, insieme ad altre donne - madri, commercianti, prostitute -, qual era al tempo la condizione femminile nella patria della rivoluzione… molto disagiata e impari rispetto a quella maschile.

Come districarsi da quel conflitto tra il Maigret che ammiriamo e il suo ruolo di maschio patriarcale? A peggiorare le cose, quando in Italia (tra la fine degli anni Sessanta e i primi dei Settanta) alcuni romanzi di Simenon furono trasposti per la televisione, il ruolo della signora Maigret fu affidato ad Andreina Pagnani che interpretò la moglie del commissario come noi tutti la immaginiamo: dolce, remissiva e dotata di una grande sensibilità. Tutto il suo essere ruota intorno a suo marito, il cui benessere sembra l’unico motivo della sua vita. Tra fare la spesa, cucinare, rammendare… cosa faceva la gentile Louise per se stessa?

Poco o nulla, ma per fortuna una volta alla settimana suo marito, se non aveva indagini in corso, la portava al ristorante, a passeggiare lungo gli Champs-Élysées o al cinema!

L’ultimo romanzo delle celebri inchieste (Maigret e il signor Charles) è stato scritto nel 1972 e ci fa capire come in quegli anni l’immaginario della nostra società fosse ben lontano dal valutare in modo paritario la donna rispetto all’uomo.

Questa, secondo me, è l’unica vera nota dolens di tutta la serie, l’incapacità mostrata da Simenon di cogliere il cambiamento che era nell’aria, evidenziato dalle manifestazioni del Maggio francese, o di anticiparlo. Di dare nelle sue trame un riconoscimento maggiore alla trasparente signora Louise Maigret.

Leggendo, una dopo l’altra, tutte le inchieste del commissario più famoso di Francia - com’è naturale - se ne colgono qua e là fragilità o ripetizioni, compresa qualche svista, ma come non perdonare colui che riusciva a consegnare al suo editore un manoscritto pronto per la pubblicazione ogni quindici giorni?!

Avevo già letto molto dell’"altro" Simenon - quello di Tre camere a Manhattan, Betty o L’uomo che guardava passare i treni ad esempio - ma l’autore delle inchieste di Maigret senza immaginarlo ha avuto il pregio di creare per l’eternità un luogo protetto, pneumatico a tempo e spazio, che permette al suo lettore di entrare in confidenza con un’epoca intera.

Ho scritto "senza immaginarlo" perché, in effetti, Georges Simenon, dopo essersi cimentato con quella che veniva definita letteratura popolare, deciso a monetizzare il più possibile il suo talento di scrittore, si dedicò con successo alla creazione e al marketing del nostro commissario. Creò eventi, cui invitò il bel mondo di Parigi, amici e giornalisti, e con grande determinazione trasformò la sua creatura in una macchina per fare soldi. Non appena poté, come si era proposto fin da giovanissimo, di dedicò alla Letteratura, ma per decenni - anche grazie alle trasposizioni cinematografiche - fu il commissario Maigret a pagare i suoi conti. Ed è questo personaggio ad essersi legato al suo nome per l’eternità più di qualsiasi altro.
F. P. Mancinelli