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La guerra e le sue eredità

Perché oggi, anno 2022, leggere un libro scritto durante e appena dopo la Seconda guerra mondiale, che la stessa Duras ritrovò e pubblicò nel 1985 con l’Éditions P.O.L.? 

Tra di noi, lettori possibili del libro della indimenticabile autrice francese, molti sono nati dopo 1945 o in quegli anni gattonavano appena. Siamo figli della Pace che ha seguito quell’immensa tragedia che ha ucciso milioni di persone in tutto il mondo – dai mai ricordati a sufficienza campi di sterminio alle bombe nucleari su Nagasaki e Hiroshima –, siamo stati spettatori di una “guerra fredda” consumata per lo più lontana dalla nostra vita quotidiana. Noi che la guerra l’abbiamo conosciuta soltanto tramite le immagini che gli inviati hanno raccolto sui teatri dove si sono combattute per decenni, ma che non interferivano con il nostro tranquillo tran tran… 
Noi oggi la guerra l’abbiamo a un passo da casa nostra. Era già successo con il territorio della Jugoslavia, ma per noi “occidentali” non c’era mai stato un reale rischio di essere coinvolti. 
Adesso, da quando il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di invadere l’Ucraina, nel nostro cervello si è via via concretizzato il timore di una nuova, devastante, guerra mondiale.

aubervilliers nb fonteray nov 1993 pluie d ete 4È anche per questo che è importante prendere in mano libri come quello di Marguerite Duras. Lo è stato, almeno per me. 
La prima parte è un diario che narra i pensieri, le emozioni e soprattutto “la paura” di una donna che aspetta il ritorno del marito rinchiuso in un campo di concentramento tedesco. 
Aspetta con ansia e con il timore costante che quel ritorno non possa aver luogo, perché “forse” egli è già deceduto. 
Sia questo primo sia i successivi scritti sono autobiografici, lo afferma con chiarezza la stessa Marguerite Duras che, con il suo consueto stile asciutto e scevro di manierismo. Anzi la crudezza di certune pagine è così intenso che supera ogni possibile verismo. 

Al diario dell’attesa seguono racconti di ufficiali della Gestapo infiltrati, di spie, e di come la vendetta di donne e uomini della resistenza e di comunisti volle punirli con la morte oltre che con la condanna morale. 
Ci sono in queste pagine le strade di Parigi liberata dall’invasore, che esulta in una felicità rumorosa, ma che troppe ferite deve ancora suturare. C’è – nominato senza nom de plume – la figura di quel tanto celebrato generale De Gaulle che, mentre affossava il popolo, stringeva l’occhio alle forze politiche di destra. 
Pagine che raccolgono anche la confessione di Duras come torturatrice di spie… 
C’è, insomma, la storia appena dietro l’angolo, quella che ci ha preceduti appena di qualche anno e che diamo per “passata”.

Parigi liberataInvece, a leggere con empatia, quello che le pagine di Duras ci restituiscono è il nucleo più reale e veritiero di noi esseri umani. Tutto ciò può repellerci, ma non può farci voltare il capo da un’altra parte, soprattutto in questo momento. 
Avremmo dovuto svegliarci prima? Durante i cento e più massacri che il potere ha messo in atto dal 1945 a oggi in tanti luoghi del pianeta – che a cercare di nominarli tutti non si può che dimenticarne alcuni, tanti quanti sono stati – devastati, rasi al suolo, cancellati?
Certo che sì. 
Ma a questo punto rimorsi e sensi di colpa servono a poco. 
Né possiamo diventare migliori. 
Cerchiamo almeno di prenderne coscienza adesso grazie alle pagine che chi ha vissuto certe tragedie è riuscito a lasciare a futura memoria.

Flaminia P. Mancinelli

 

Marguerite Duras, Il dolore, 
Feltrinelli, pp. 160

Cover IlDolore

 

 

 

 

 

 

 

 

Marguerite Duras  nel 1993, fotografata da Alain Fonteray

Su Hiroshima e Nagasaki: vedi

L’immagine di Parigi liberata è del sito Liberation route Europe