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Leggere secondo Flumeri & Giacometti

Elisabetta Flumeri e Gabriella Giacometti sono da anni una collaudata coppia creativa. In questa intervista parlano anche di editoria digitale e self publishing.

 

D. Quando vuoi rilassarti preferisci: guardare la televisione, andare al cinema o leggere un libro?
Elisabetta Flumeri ( a destra). Tutte e tre le cose a seconda del momento e dello stato d’animo.
Gabriella Giacometti (a sinistra). Adoro andare al cinema, ma un buon libro è sicuramente il modo migliore per rilassarsi.

D. Dove leggi abitualmente: in poltrona, a letto, alla scrivania? Se potessi scegliere, quale sarebbe il tuo luogo ideale per la lettura?
EF. Anche in questo caso, li alterno. Nei periodi di lavoro più intensi, leggo principalmente la sera a letto. Dato che la schiena Flumeri Giacomettinon mi permette più di leggere sdraiata sul tappeto, come facevo per ore da ragazzina e da adolescente, vorrei una bella bergère vecchio stile, magari a fiori, con le orecchie e i braccioli ben imbottiti in modo da sorreggere comodamente le gambe (prima o poi me la comprerò).
GG. Normalmente leggo sdraiata a letto, la sera prima di dormire. Sogno da anni una chaise long da mettere sotto l’albero in giardino, ma per una ragione o per l’altra non la compro mai e forse a causa delle zanzare che ormai ci invadono anche di giorno non sarebbe poi una grande idea.

D. Nel suo famoso Decalogo, al terzo posto, Daniel Pennac sancisce il diritto del lettore a “non finire il libro”: tu hai seguito questo consiglio? Se sì, con quale libro e perché?
EF. Principio sacrosanto. Un tempo non lo facevo, ritenevo doveroso finire un libro se lo avevo cominciato. Adesso no. I libri che vorrei leggere sono moltissimi e Il tempo è sempre poco, perché sprecarlo con qualcosa che non mi coinvolge o semplicemente non mi interessa come pensavo?  Sono vari i libri che non ho finito e sinceramente non ricordo i titoli. Al momento ho la tentazione di farlo con “L’assassinio del commendatore” del mio amato Murakami, ma c’è sempre qualcosa che mi trattiene perché tra le sue pagine, anche quelle meno riuscite, posso sempre rintracciare una “scintilla del divino”.
GG. Fino a qualche anno fa se cominciavo un libro sentivo il dovere di arrivare fino alla fine, ora invece, da quando ho avuto problemi gravi con gli occhi, se non mi conquista entro le prime trenta pagine lo abbandono senza rimpianti. L’incipit serve a sedurre il lettore, ad innescare la curiosità su quella determinata storia o su quel personaggio, a volte bastano solo poche righe, pensiamo a quello di Anna Karenina “Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, chi non vorrebbe sapere cosa succede dopo? Ritengo di essere abbastanza generosa nel dare all’autore la possibilità di catturare la mia attenzione in trenta pagine, se non lo ha fatto, risparmio i miei occhi e comincio una nuova avventura con un altro libro.

D. Qual è il libro -o i libri- che più hai amato? E quello o quelli che si sono rivelati una delusione?
EF. “Il velocifero” di Luigi Santucci è il primo in assoluto nella mia personale classifica. Un libro che non molti conoscono ed è un peccato, perché è una splendida saga familiare. Poi ‘Lo straniero’ di Camus’, ‘Il Rosso e il nero’ di Stendhal, ‘Cassandra’ di Christa Wolf. E aggiungerei ‘Marinai perduti’ di Izzo, un autore che amo moltissimo e che va molto oltre l’etichettatura di ‘noir’.  I libri che mi hanno deluso li ho rimossi, come quelli che ho deciso di non finire di leggere. In realtà uno lo ricordo, perché feci una gaffe con Antonio Franchini, allora alla Mondadori, che lo aveva fortemente voluto (ma io non lo sapevo): ‘Volevo i pantaloni’ di Lara Cardella.
GG. Il mio libro è proprio Anna Karenina, lo leggo e lo rileggo spesso, ma non è il solo. Stendhal de “Il Rosso e il nero” a seguire, ma anche “La Dama delle camelie”, se ho bisogno di piangere, o “Il maestro e Margherita” che vale sempre una rilettura. James, ‘Giro di vite’, o ‘Lo straniero’ di Camus, altri due testi che ho amato molto. Quando cerco il brivido ‘Il profumo’ di Sûskind. Per quanto riguarda il giallo classico sono una fan di John Dickson Carr (li ho tutti) perché i misteri della camera chiusa mi intrigano, sono un ottimo esercizio mentale, devo arrivare alla soluzione prima della fine. Altra giallista che adoro è Fred Vargas, ma purtroppo non ci regala più storie indimenticabili, ma non voglio perdere la speranza. Quelli che si sono rivelati una delusione, sono troppi, ho già dimenticato i titoli.

D. Cosa cerchi in un libro? Cosa attira di più la tua attenzione: la copertina, il titolo, l’autore, la bandella con la storia?
EF. Anche in questo caso non ho una risposta univoca: quello che cerco in un libro dipende dal mio stato d’animo del momento, posso cercare solo relax, oppure spunti di riflessione, o uno scavo nel cuore di tenebra di noi umani o la mia personale coperta di Linus. Il titolo prima di tutto, poi la copertina.
GG. Io sono una maniaca, se amo un Autore tendo a comprare tutti i suoi libri a prescindere dalla trama, ma sono una persona molto curiosa quindi leggo recensioni, commenti sulle nuove uscite e cerco di leggere le novità. Poi ho un’alleata preziosa, Elisabetta, abbiamo gusti simili e se ha letto qualcosa di interessante lo prendo subito.

D. Quale argomento ti appassiona e, secondo te, viene poco considerato dagli editori italiani?
GG. Non saprei, come autrici siamo rimaste scottate da quello che è successo al nostro libro “Se la città dorme”. Ritenevamo che, visto il tema legato alla transizione di genere della poliziotta protagonista, fosse importante uscire con un editore per sostenere il libro, per cui lo abbiamo dato alla nostra agente, che lo ha proposto a vari editori. I commenti sono stati i più svariati, tutti in contraddizione gli uni con gli altri ma concordi in una risposta negativa. Noi però eravamo convinte del lavoro fatto e a quel punto abbiamo ritenuto di non dover più aspettare e abbiamo optato per l’autopubblicazione, malgrado avessimo parecchi timori su come il pubblico lo avrebbe recepito.   La piacevole scoperta è stata che non solo lettrici e lettori hanno accolto la nostra Luce Giordano con grande affetto ed interesse, ma che il libro ha vinto svariati premi e ha avuto un notevole boom di vendite
EF. Sono d’accordo con Gabriella, il tema della transizione di genere per noi è importante e per la stesura di “Se la città dorme” ci sono voluti mesi di lavoro preparatorio (letture, interviste, colloqui con consulenti etc.). Ci saremmo aspettate una maggiore attenzione da parte dell’editoria tradizionale ma, a nostro avviso, ha prevalso la preoccupazione di un rigetto e invece i lettori si sono dimostrati molto più aperti di quanto si potrebbe pensare. Abbiamo ricevuto messaggi che ci hanno commosso per la partecipazione emotiva e l’empatia anche da parte di chi si avvicinava all’argomento per la prima volta. E questa per noi è stata una grandissima soddisfazione er la conferma che avevamo fatto un buon lavoro.

E per finire parliamo di ebook e di autopubblicazione.
D. Cosa pensate degli e-book? Secondo voi, quali sono i loro pregi e i loro difetti? Li utilizzate?
EF. Premesso che ho sempre sostenuto che e-book e cartaceo non si escludono a vicenda ma sono complementari, per comodità attualmente leggo più spesso e-book, se si tratta di romanzi. Per la saggistica preferisco la cara vecchia carta, perché mi piace sottolineare a matita e usare i segnalibri tradizionali. Secondo me l’e-book è un’invenzione geniale, in particolare dal punto di vista della reperibilità, del costo e della praticità. Però sono sincera, se amo un libro in modo particolare, scelgo di avere anche l’edizione cartacea. D’altra parte appartengo a una generazione che al digitale ha dovuto adattarsi – e per quanto mi riguarda ne ho apprezzato la comodità – ma  che alla carta non riesce a rinunciare.
GG. Non so quanti volumi ho nella libreria di casa mia, ma so che per pulirla ci metto tre giorni pieni. Amo la carta e ritengo che specialmente i libri di studio non si possano sostituire con gli e-book, detto questo ormai leggo principalmente sul Kindle perché mi agevola la lettura avendo problemi di vista e per questo è uno strumento impareggiabile.

D. Cosa pensate degli autori self?
EF. Dato che al momento lo siamo anche noi, potrei sembrare di parte, ma cercherò di essere obiettiva. Ritengo che il self publishing sia una grandissima opportunità per un autore, ma proprio perché fuori dalla filiera tradizionale dell’editoria (che prevede supervisione, editing, correzione di bozze etc.) è essenziale che chi sceglie di pubblicare in self confezioni un prodotto che sia il più professionale possibile. Questo significa consultare esperti se necessario (ad esempio se si scrive un giallo o un medical), pagare un grafico per la cover, un editor professionista per il controllo della storia e del testo e qualcuno che si occupi della correzione di bozze. Altrimenti il rischio di improvvisazione è alto e i lettori, che sono ormai molto attenti e smaliziati, se ne rendono subito conto. Devo dire che ci sono parecchi autori self - e cito per tutti Giulia Beyman e Riccardo Bruni -che hanno fatto un lavoro egregio: oltre a quanto già detto, sono diventati esperti di marketing, sanno come fidelizzare il pubblico e come ampliarlo, seguono ogni fase della realizzazione del libro (che certo non si esaurisce quando si scrive la parola ‘fine’) e fanno anche rete tra loro. Insomma, per usare un’espressione un po’ abusata ma che rende perfettamente l’idea: sono diventati autentici imprenditori di se stessi.
GG. Sottoscrivo tutto quello che ha detto Elisabetta, ma vorrei aggiungere che mi piacerebbe se il mercato italiano divenisse un po’ più elastico. All’estero gli autori ibridi esistono da anni, alcuni testi li pubblicano in self altri con un editore e questa è la normalità. Qui da noi è tutto molto più faticoso, gli editori non amano gli autori self e sembrano non comprendere che si parla di due tipi di pubblico molto diversi, che possono tranquillamente convivere. Non solo: se un autore self ha il suo zoccolo duro di lettori, sicuramente lo seguiranno anche quando deciderà di pubblicare con un editore tradizionale, che di conseguenza non potrebbe che trarne vantaggio.

 

Chi sono Elisabetta Flumeri e Gabriella Giacometti
Sono da anni una collaudata coppia creativa.
Hanno esordito come autrici di romanzi rosa per poi passare alle riviste, alla radio, alla pubblicità e alla realizzazione di soggetti e sceneggiature per serie tv italiane di grande successo (p.e.Carabinieri, Incantesimo e Orgoglio).
Amano cimentarsi in generi diversi, dalla commedia al sentimentale, dal legal al dramma in costume fino al thriller e al poliziesco.
Con Sperling & Kupfer hanno pubblicato una serie di commedie romantiche tra cui L’amore è un bacio di dama, i cui diritti sono stati venduti negli USA e in molti Paesi europei.
Nel 2019 pubblicano Chiedi al passato con Amazon Publishing, il secondo volume della fortunata serie gialla di Emma & Kate, ideata con Giulia Beyman e Paola Gianinetto, seguito da False VeritàL’ultimo Verdetto e Aisha deve morire (febbraio 2023).  Per la serie FiatLux hanno pubblicato Se la città dorme, vincitore del concorso Giallo Trasimeno 2022, del premio Argentario narrativa edita giallo/thriller 2022 e menzione speciale Pinketts per la miglior trama thriller del premio letterario Garfagnana in giallo- Barga noir.
(A cura di MZ)