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Leggere, secondo Francesco Martino

 

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Non solo ha lasciato dopo 50 pagine L’isola del giorno prima di Umberto Eco, ma da lettore molto attento, vi ha trovato anche un grave errore… 

 

D. Quando vuoi rilassarti preferisci: guardare la televisione, andare al cinema o leggere un libro?
R. Dopo anni di letture “in solitudine”, in meditazione, nella sacralità della mia camera (…l’incenso, i quadri, la luce soffusa, la sigaretta, la musica in sottofondo e la “tua” anima che impregnava il tutto:  quella pièce da ex studente universitario poi cresciuto, poi laureato, poi sotto i riflettori della professione), quando la lettura era ricerca e confronto, scoperta e meraviglia, attualmente mi ritrovo a rilassarmi (poco, in verità) nelle situazioni più disparate. Ho sempre preferito leggere un buon libro, magari preso dopo svariate “mezz’ore” passate in libreria a…scegliere, guardare, esaminare, percepire quello che poteva essere il “mio” libro.
Negli ultimi anni, mi si è sempre più ridotto il tempo per pensare, essere me stesso, fantasticare, coltivare le (mie!) energie sottili, quelle che sono sempre riuscite a farmi scegliere il libro “giusto” in libreria. Allora ho ripiegato talvolta su quell’arte non meno importante che è il cinema. Il cinema degli ultimi anni “italiani” per me era più che altro quello da guardare alla televisione, il mezzo più “rapido” e soprattutto economico per vedere film (nel silenzio della notte, quando tutti dormivano ed io fingevo di combattere la mia cronica insonnia): non si può perdere tempo a cercare qualcosa che non sia collegata all’assoluta materialità! Bisogna lavorare e badare solo al sodo!
Qualcuno diceva che la cultura non dà da mangiare ed è stato (giustamente) criticato, ma quelle stesse persone da cui partivano tali critiche hanno impiegato tutta la loro vita ad alimentare tali biasimevoli convinzioni: anche il lettore appassionato, per continuare ad essere tale, deve o “tappare” le (proprie) orecchie o chiudere la bocca (altrui). In Toscana si dice che non si frigge con l’acqua…Io aggiungerei: se qualcuno vuol friggere con l’acqua, cha faccia pure, senza dar noia a chi fa delle scelte diverse.

D. Dove leggi abitualmente: in poltrona, a letto, alla scrivania? Se potessi scegliere, quale sarebbe il tuo luogo ideale per la lettura?
R. Il 99% delle mie letture è stato ambientato nello scenario del letto, il più comodo, quello che ti fa sentire veramente appieno il senso di dominazione dei tuoi spazi, il posto dove nessuno o quasi ti può far pesare la “sua” inadeguatezza mentre TU leggi il TUO libro: che sia un saggio, un romanzo, un classico, un fumetto, un horror, uno storico o della fiction, a letto il “mio” libro è (quasi sempre) il “mio”, adatto alla “mia” situazione del momento (voglia di ricerca o di risposte, curiosità, necessità di distrazione, compagnia…).

D. Nel suo famoso Decalogo, al terzo posto, Daniel Pennac sancisce il diritto del lettore a “non finire il libro”: tu hai seguito questo consiglio? Se sì, con quale libro e perché?
R. Confesso (e so di essere in buona compagnia…): L’Isola Del Giorno Prima, di Umberto Eco. Esplicitandone il perché, credo di condividerlo con buona parte degli altri “rinunciatari” a questo libro: alla 50esima pagina mi sembrava di essere sotto benzodiazepine. E poi non mi andava giù la “papera” delle catene alle ancore delle navi (nel periodo in cui è ambientata la storia, le navi avevano ancora le corde, per legare le ancore).

D. Qual è il libro -o i libri- che più hai amato? E quello o quelli che si sono rivelati una delusione?
R. Il libro che ha segnato maggiormente la mia vita e che mi piace regalare alle persone a me affini e/o alle quali voglio più bene è Un Indovino Mi Disse di Tiziano Terzani: non smetterò mai di dire che tra il “prima” e il “dopo” la lettura di questo libro la mia vita ha subìto uno dei cambiamenti più radicali e “provvidenziali” che si possano avere.
Ho molto amato la penna di Josè Saramago, specie nelle “creature” quali Il Vangelo Secondo Gesù, Le Intermittenze Della Morte, Caino, Cecità, Memoriale del Convento e molti altri.
Altri libri per me “toccanti” sono stati Siddharta di Hermann Hesse, Il Profumo di Patrick Süskind, L’Amore ai Tempi Del Colera di Gabriel García Márquez. In un “ciclo di letture” più o meno “spirituali”, iniziate con Il Tao Della Fisica di Fritjof Capra, passando per Lo Zen e L’arte Della Manutenzione Della Motocicletta di Robert M. Pirsig, Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse, I Fondamenti del Buddhismo (di V. Reichle, che ho “inseguito” per 7anni su internet, essendo fuori stampa), Il Gioco Delle Perle Di Vetro (il libro “definitivo” di Hesse), sono rimasto leggermente deluso da La Nube del Telaio di Elemire Zolla (forse mi aspettavo di più a causa del titolo, quasi più illuminante di quanto sarebbe poi stato il libro: la nube del telaio è quello che si vede durante la lavorazione del tessuto, metafora dell’apparizione graduale della “verità”…). In linea di massima, è difficile che io venga deluso da un libro: la motivazione è da ricercare nella risposta alla prossima domanda…

D. Cosa cerchi in un libro? Cosa attira di più la tua attenzione: la copertina, il titolo, l’autore, la bandella con la storia
R. Quando avevo il tempo di “scegliere” un libro secondo il mio volere e (soprattutto) il mio “essere”, entrando in libreria con tutta una serie di domande e uscendone con la convinzione di avere in mano un tesoro (il libro, appunto) che contenesse la maggior parte delle risposte alle mie domande, la cosa più importante era la “percezione” istintiva che il “mio” libro fosse in “quella” direzione e non in un’altra. Sembra banale e alquanto improbabile, ma (proprio come descritto da Calvino nella prefazione a Una Notte D’Inverno Un Viaggiatore) non ero io a cercare un libro, era il “mio” libro che cercava (e chiamava) me. Io giravo tra gli scaffali, evitando accuratamente i “best seller” pluripremiati e meglio classificati, rivolgendomi verso i settori più “antichi” e meno battuti dai frequentatori, sentendo il profumo di autori sconosciuti o “d’essai”, leggendo la “bandella in quarta” che annuncia il libro o i risvolti interni delle copertine, per farmi un’idea della reale attinenza del libro con il mio essere, con le mie necessità o con la mia insofferenza (si: proprio insofferenza) del momento.

D. Quale argomento ti appassiona e, secondo te, viene poco considerato dagli editori italiani?
R. Ho vissuto passioni per molti argomenti diversi, a seconda dell’età e degli stati d’animo. Posso dire di essere sempre stato affascinato da esoterismo, misteri, simbolismo, percorsi iniziatici. Non credo siano argomenti molto considerati, in genere, dalle grandi case editrici italiane. Non ho mai sofferto troppo di questa cosa, in quanto le mie “ricerche” dei libri (come dicevo sopra) non hanno mai comportato “l’inseguire” i libri di massa. Ricordo che, una volta, mi fu regalato un libro sui Rosa Croce edito da una casa editrice molto conosciuta, che aveva la prefazione fatta da un signore molto razionale, che ha “smontato” (già dalla prefazione!) ogni desiderio di continuare a leggere il libro: razionalità “capricornesca”…

D. Cosa pensi degli e-book e più in generale dell’editoria digitale?
R. Come tutti gli appartenenti ad una certa generazione, che lotta quotidianamente contro molti (ma non tutti) “anziani” reticenti all’utilizzo delle nuove tecnologie, non posso che pensare tutto il bene possibile degli e-book e dell’editoria digitale: tutto ciò che migliora una qualche condizione, il progresso “buono” che migliora la vita e la rende più facile, è senz’altro qualcosa di positivo. Il fatto che un giovane scrittore possa farsi conoscere “d’abord” tramite l’editoria digitale, conoscendo tutte le condizioni e costrizioni da rispettare per “partire” con un’edizione “classica”, è qualcosa che può aprire un mondo…

D. E infine, li utilizzi? Secondo te, quali sono i loro pregi e i loro difetti?
R. Ho iniziato da poco a utilizzare il lettore di e-book. Devo dire di essere contento della possibilità di leggere in formato digitale con spese molto modeste ed in maniera così versatile, pur avendo sempre il desiderio di “respirare” l’odore dei “miei” libri, quando si tratta di libri che hanno necessità di impregnarsi della mia “anima”: credo si sintetizzino in questo, secondo me, i pregi e i difetti degli e-book.

Chi è Francesco Martino
È nato 43 anni fa nel sud Italia, sotto il segno dell’acquario. Da sempre col “pallino” della lettura, per lui è stato facile sentirsi preso di mira dal “convenzionalismo”, che è sempre stato stretto alla sua anima. Dopo aver sopportato 17 anni di vita da “pesce fuor d’acqua”, è piombato all’università, in Toscana. Alla fine, ha scoperto che con una laurea in Medicina si possono fare molte cose e così, dopo aver raggiunto determinate mete in Italia, la sua follia lo ha portato (proprio al giro di boa della sua vita e ritenendosi incompreso perfino da chi credeva di conoscerlo bene) ad andare a vivere in Francia, il Paese dove conta di restare sino alla fine dei suoi giorni: lì, il peso specifico di ogni minuto che vive ha iniziato ad essere denso di significati, imponendogli così di rivedere ogni parziale convinzione precedentemente acquisita, contaminata com’era dal provincialismo senz’anima da cui si sentivo perennemente assediato prima. Da sempre insofferente nei confronti di chi vuole limitare la sua libertà, ha il grande desiderio di scrivere un libro, possibilmente autobiografico: sente di avere qualcosina da raccontare.

Chi desidera conoscere meglio Francesco Martino, può visitare la sua pagina Facebook.

 

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