Leggere, secondo Massimo Melica

 

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Appassionato di sport, ama molto leggere sia in digitale che in cartaceo.
È molto interessato a Internet e alle nuove tecnologie.


D. Quando vuoi rilassarti preferisci: guardare la televisione, andare al cinema o leggere un libro?
R. Sono appassionato di sport, al primo posto pongo la pratica sportiva. Il libro certamente è un compagno di squadra per altri momenti cerebralmente più costruttivi.

D. Dove leggi abitualmente: in poltrona, a letto, alla scrivania? Se potessi scegliere, quale sarebbe il tuo luogo ideale per la lettura?
R. Leggo tanto, un po’ per lavoro e tanto per il desiderio di conoscenza e di confronto con altre tesi ed opinioni. Non vi è un luogo preferito, con il lavoro che svolgo mi capita spesso di leggere in viaggio in cui vuoi per l’abitudine vuoi per avvertire meno la spazio temporale la lettura è diventata fondamentale.
 

D. Nel suo famoso Decalogo, al terzo posto, Daniel Pennac sancisce il diritto del lettore a “non finire il libro”: tu hai seguito questo consiglio? Se sì, con quale libro e perché?
R. Un diritto nasce per tutelare una o più libertà, interrompo un libro entro le prime 50 pagine se mi rendo conto che non può lasciarmi nulla. Ricordo di aver interrotto Siamo in guerra di Casaleggio-Grillo.
 

D. Qual è il libro -o i libri- che più hai amato? E quello o quelli che si sono rivelati una delusione?
R. Amo i libri formativi, nella mia infanzia ho letto Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas che ricordo ancora con molto piacere ritenendolo estremamente formativo.
Dopo il periodo liceale ho riletto, per curiosità, I promessi sposi, l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide apprezzandoli molto di più di quanto avessi fatto in precedenza. Non sono un appassionato di romanzi, sebbene abbia alcune eccezioni rappresentate dai libri di Nicolai Lilin, leggo molto i libri d’inchiesta, di politica e di storia contemporanea, il mio lettore e-book è caratterizzato da libri pubblicati negli ultimi tre anni.
Poi c’è un filone che per passione e per lavoro devo seguire, leggo ogni cosa che affronti i fenomeni sociali legati all’uso delle nuove tecnologie da Manuel Castells a Evgeny Morozov, da Stefano Rodotà a Nicholas Negroponte, Jeremy Rifkin, Andrea Unger, Gianni Riotta ogni lavoro sul tema è di mio interesse.
Nessun libro mi ha mai deluso, non posso aver condiviso l’opinione o la visione dell’autore ma lo sforzo culturale, che il libro rappresenta, non può essere messo in discussione.


D. Cosa cerchi in un libro? Cosa attira di più la tua attenzione: la copertina, il titolo, l’autore, la bandella con la storia?
R. L’utilità è ciò che cerco in un libro. Ho un criterio per la scelta dei libri dividendoli tra: quelli che aiutano ad apparire e quelli che aiutano ad essere, preferisco ovviamente i secondi.
In passato mi è capito di leggere un saggio sulla comunicazione e il marketing scritto nel 1950 da Dale Carneige e trovarlo molto più utile di un trattato moderno in cui vengono illustrate strategie volte ad ottenere il consenso dalle masse. Il titolo semplice e diretto mi ha spinto all’acquisto.
 

D. Quale argomento ti appassiona e, secondo te, viene poco considerato dagli editori italiani?
R. Viviamo in un momento in cui gli italiani affrontano una serie di difficoltà lavorative e sociali, a queste si sovrappone la concorrenza di Internet, dei videogiochi, delle paytv sempre più accattivanti nell’arco dell’intera giornata, la conseguenza di tutto ciò è il calo del tempo da dedicare ad un libro.
Gli editori devono, in un mercato così competitivo, inseguire i temi e i tempi scelti dagli altri media questa concorrenza porta l’ingresso sul mercato di libri che producono fatturato ma non contenuti rilevanti o innovativi. Per l’editore concorrere con media audio-visivi diventa sempre più difficile.
 

D. Cosa pensi degli e-book e più in generale dell’editoria digitale?
R. L’editoria digitale paga ancora la scarsa innovazione legislativa ed economica. Un esempio: l’iva è più bassa per il supporto cartaceo, mentre per l’e-book viene applicata quella destinata al software molto più alta non riuscendo quindi ad economizzare il prodotto editoriale-digitale.
In più le case editrici non promuovono l’e-book come commodity. Questo è un errore visto che il libro nasce digitale per poi essere stampato e distribuito in formato cartaceo, quindi nel processo di distribuzione il digitale è un benefit non pienamente sfruttato.
 

D. E infine, li utilizzi? Secondo te, quali sono i loro pregi e i loro difetti?
R. Da qualche anno acquisto il libro, ove possibile, nel doppio formato: cartaceo e digitale.
Il primo supporto implementerà la mia libreria – sono anche un appassionato del libro autografato dall’autore - dandomi anche quella nostalgica e tradizionale visione della biblioteca; il secondo supporto mi permette di gestire più facilmente il libro in ogni luogo garantendomi la facilità delle note e degli appunti che con il cartaceo, a distanza di anni, rischio di non ritrovare.
Il peggior difetto che oggi ha l’e-book è l’impossibilità di raccogliere la dedica dell’autore, ma con il tempo sono certo che verrà risolto anche questo problema diventando un valore aggiunto.

Chi è Massimo Melica
È avvocato cassazionista esperto in diritto applicato alle nuove tecnologie della comunicazione. Blogger per Sotto un cielo di bit, è opinionista per alcune riviste telematiche. Nato al Sud vive e lavora tra Milano, Roma e Bologna.Ha due cani: Web ed Elitay.
Guardando Massimo hai l’impressione del classico giocatore di Golf, in realtà ha una passione per gli sport da combattimento che pratica regolarmente, salvo i non rari periodi in cui si infortuna.
Nato caratterialmente e professionalmente grazie ad Internet, crede che la rete sia uno strumento di condivisione dei saperi e delle idee. Sostiene le libertà digitali, contrasta le bufale in rete, il fanatismo digitale ed è famosa la sua frase: “Internet è per tutti ma non tutti sono per Internet” con cui sintetizza il ruolo della persona responsabile e consapevole nell’utilizzo del web al fine di migliorare la società, da colui che, al contrario, usa lo strumento per stupide e peggiorative condotte nella società.
In Rete lo hanno definito guru
 o influencer ha risposto ironicamente così: “Da bambino sono stato un influencer molto attivo, ricordo che presi il morbillo e portarono tutti gli amichetti a giocare un pomeriggio. Riuscii in un’ora a stenderli tutti”

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