Leggere, secondo Leonardo Ristori


Leonardo Ristori

D. Quando vuoi rilassarti preferisci: guardare la televisione, andare al cinema o leggere un libro?
R. La televisione non sarebbe una brutta scelta ma i palinsesti (...)

 

che ci vengono proposti sono da lapidazione sul posto.
Di andare al cinema non se parla: se voglio rilassarmi non mi viene neanche in mente di prenotare in anticipo un posto, poi ricordarmi di dover uscire, mettermi il cappotto, infilarmi in auto come se andassi al lavoro, arrabbiarmi se trovo un ingorgo, girare in tondo attorno al cinema alla ricerca di un parcheggio, fare le corse per arrivare dentro trafelato e -se mi va bene- arrivare giusto in tempo per sedermi accanto a dei perfetti sconosciuti ed essere obbligato a stare seduto nella stessa poltrona per due ore. Ti pare relax, questo? Per me è pura apoteosi del masochismo.
Il libro è certamente un puerto seguro: inizi a leggere quando vuoi, dove vuoi, come vuoi, leggi alla velocità e con l’intensità che ti pare e finisci quando vuoi. Però, attenzione, ti sei dimenticata di un’altra bella alternativa al libro: parlo di Internet. A saper navigare, trovi anche lì delle letture interessanti. E rilassanti.

D. Dove leggi abitualmente: in poltrona, a letto, alla scrivania? Se potessi scegliere, quale sarebbe il tuo luogo ideale per la lettura?
R. Dappertutto. Ti confesso che spesso mi capita di sfuggire alla corvée della spesa settimanale rifugiandomi nel reparto libri del supermercato. E poi credo che per la lettura non ci sia un luogo più o meno indicato; meglio ancora, diciamo che il luogo più indicato è quello in cui ti trovi quando sei in una condizione interiore adeguata per leggere. Ossia, per quanto mi riguarda, praticamente sempre e ovunque.

D. Nel suo famoso Decalogo, al terzo posto, Daniel Pennac sancisce il diritto del lettore a “non finire il libro”: tu hai seguito questo consiglio? Se sì, con quale libro e perché?
R. Mai seguire i consigli dei guru, e attenti a esercitare i propri diritti perché ci si fa del male più spesso di quanto non si pensi. Nel caso di specie, esercitai inconsapevolmente questo diritto al liceo, con un libro di Italo Svevo, mi pare fosse Senilità. Fino a metà libro resistetti alla noia crescente, poi mi arresi e lo riposi in libreria. Successivamente, all’università, mi capitò di riprenderlo in mano, cedetti alla tentazione di rileggerlo si e mi accorsi che la parte più bella iniziava un paio di pagine dopo il punto a cui mi ero fermato. Quel giorno ho imparato che se cerchi una perla non puoi aprire solo metà dell’ostrica.

D. Qual è il libro che più hai amato?
R. Ce ne sono tre. Un uomo di Oriani Fallaci mi è piaciuto talmente tanto che l’ho letto solo una volta per paura di non riuscire a provare, la seconda volta, le stesse emozioni che mi ha dato la prima.
La luna è tramontata di  John Steinbeck e Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese invece li ho letti fino a consumarli, trovandovi ogni volta nuove ispirazioni e nuovi spunti di riflessione.

D. Cosa cerchi in un libro? Cosa attira di più la tua attenzione: la copertina, il titolo, l’autore, la bandella con la storia?
R. Quando prendo un libro in mano non sono io che cerco qualcosa, bensì mi aspetto che sia lui a trasmettermi quello che vuole; quanto a copertina, titolo, bandelle e altri fronzoli, ho imparato ai tempi in cui leggevo Tolopolo che a un bel contenitore non corrisponde necessariamente un bel contenuto, quindi mi lasciano totalmente indifferente. Anzi, forse se li vedo troppo belli mi insospettisco pure, temendo che la scatola sia bella per nascondere la pochezza di quel che vi sta dentro.

D. Quale argomento ti appassiona e, secondo te, viene poco considerato dagli editori italiani?
R. Non è un argomento in quanto tale che dovrebbe essere più considerato, ma la qualità dei libri in sé. Oggi l’editoria (ma anche il cinema e tante altre forme d’arte, purtroppo) è stata industrializzata e i libri si vendono un tanto al chilo. Guarda gli americani, che ci hanno attaccato la sindrome da best seller. Oggi se non fai un libro di quattrocento pagine non hai chances, e se ne hai scritte duecento, poco importa, si allarga il carattere e lo spazio tra le righe, pur di pubblicare il malloppo che, nella fantasia dei compratori, li convince di aver speso bene i loro soldi per essersi comprati mezzo chilo di carta in più.
Ma poi, di quelle quattrocento pagine, quante ce ne sono che valgono la carta su cui sono state stampate. Non sono un lettore così accanito da poter pretendere di avere la risposta giusta, ma temo comunque che siano assai poche…

D. E per finire cosa pensi degli e-book? Credi che potranno sostituire i libri cartacei?
R. Sinceramente non capisco come mai ogni volta che nasce un nuovo media ci si chiede se potrà sostituire qualcosa che c’era prima, quando la storia ci insegna che al mondo c’è spazio per tutti. La televisione non ha sostituito né il cinema né il giornale, né la radio; Internet non ha sostituito la televisione né i giornali, i tablet non hanno sostituito i notebook, e via di questo passo. Gli e-book sono una cosa interessante, si acquisiranno certamente un loro spazio, magari riducendo un po’ il peso di qualche altro media, probabilmente si contamineranno pure con qualcos’altro quando integreranno qualche ulteriore caratteristica, ma da qui a pensare a una sostituzione tout court, mi pare voler semplificare eccessivamente la situazione. In fondo il mondo si muove verso forme di maggiore complessità e articolazione, mica va verso la riduzione e la semplificazione.

D. Li utilizzi? Secondo te, quali sono i loro pregi e i loro difetti?
R. Non li utilizzo ancora. Per adesso mi pare poco intelligente comprare qualcosa che fa una sola cosa, quando ne potrebbe fare tante di più. Ma io sono forse troppo esigente…

Chi è Leonardo Ristori:
è nato il 14 giugno 1962 a Pisa e vive a Pontedera. Dopo il liceo classico si è laureato in Economia e Commercio all’università di Pisa; successivamente ha conseguito il Master in Relazioni Pubbliche. Nel 1993 ha iniziato a lavorare in CDC Point occupandosi di marketing e comunicazione. E’ rimasto nella stessa azienda fino al 2012. Nel 1996 ha dato vita a RGR Comunicazione Marketing e Ufficio Stampa. Da quando ha lasciato CDC Point si dedica completamente alla sua creatura.
Ha due miti: Aiace Telamonio e Cincinnato, due tipi che amavano starsene tranquilli ma a cui poi toccava sempre di tirar fuori dal fuoco le castagne che i palloni gonfiati del loro tempo ci avevano fatto cadere...
Ha una pagina su Facebook.

 

 

 

 

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